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L’arrivo degli albanesi della nave Vlora in Italia

La nave Vlora e i profughi albanesi in Italia

L’8 agosto del 1991 la Vlora arrivava a Bari da Durazzo. Sul suo ponte 20mila profughi partiti dall’Albania portando con sé solo speranza e sogni. Il Muro di Berlino era crollato portando con sé il regime comunista che dominava l’Europa orientale. I Balcani, con la caduta dei regimo comunisti, stavano cedendo sotto il peso delle tensioni nazionalistiche e in Albania iniziarono grandi migrazioni di massa.

Gli albanesi della Vlora

La nave era così stipata di persone che, quando arrivò a Brindisi, fu dirottata verso Bari per dare il tempo all’Italia di predisporre centri di accoglienza. Alla fine, il comandante Halil Milaqi forzò il blocco, comunicando di avere feriti a bordo, e attraccò al Molo Carboni, il più lontano dalla città.

I migranti furono portati dentro lo Stadio della Vittoria. Ancora non sanno che saranno in gran parte rimpatriati. 17.100 per la precisione. A restare, 1.500 richiedenti asilo e quelli che riuscirono a fuggire divenendo clandestini.

Tanti di quei migranti oggi sono diventati professionisti e imprenditori di successo. Oppure artisti, come Eva Meksi, fotografa all’epoca 24enne, le cui foto (10 scatti) in mostra a Durazzo, raccontano i frutti di quei giorni convulsi. «Abbiamo voluto far vedere come si è integrata la nostra comunità», ha spiegato l’artista.

Eva ha vissuto quel percorso verso l’integrazione tra sacrifici e sofferenze.

«Sono passati trent’anni ma ricordo quel giorno come se fosse ieri, non ho rimosso niente perché non ho rinnegato niente di quella scelta. Certo, sono stati anni difficili. Per più di un anno io e mio marito ci siamo dovuti nascondere, eravamo clandestini considerati invasori, quasi ci vergognavamo di esistere, cercavamo di essere più invisibili possibile, perché clandestino era sinonimo di delinquente, invece eravamo persone che soffrivano.

«Ma soprattutto “eravamo persone”, come disse di noi il sindaco Enrico Dalfino. Abbiamo onorato le sue parole con la nostra vita, dimostrando che non siamo sporchi, brutti, cattivi e ladri ma persone con voglia di migliorare e lavorare».

Eva Meksi

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