Non ricordiamo spesso che il movimento per i diritti degli omosessuali è nato grazie alla tempra delle persone transgender e drag queen durante i moti di Stonewall. In particolare due di loro: Marsha P. Johnson e Sylvia Rivera sono state il pilastro sul quale il movimento LGBT, come lo conosciamo oggi, è nato.
Marsha P. Johnson
Marsha P. Johnson (a sinistra nella foto), che si autodefiniva drag queen, era nata in New Jersey nel 1945. «Essere omosessuale è peggio di essere un cane» le disse la madre quando era adolescente, così Marsha prese i vestiti, i vinili e 15 dollari e se ne andò a New York, nel Greenwich Village dove divenne, da subito, parte integrante della crescente comunità LGBT.
Marsha aveva un carattere forte e fu una delle tre persone che, la notte tra il 27 e il 28 giugno 1969, si ribellò alla polizia e iniziò la rivolta di Stonewall, atto di nascita del Pride. Molti la ricordavano lanciare un bicchiere contro lo specchio del locale in fiamme gridando «Anche io ho i miei diritti!». Ma Marsha fu importante anche dopo Stonewall, come fondatrice del Gay Liberation Front, e dell’Organizzazione per gay, trans e persone genderqueer.
Purtroppo la sua vita ebbe una tragica fine e il suo corpo fu ritrovato nel fiume Hudson nel 1992. La polizia, contro la quale Johnson aveva alzato la testa trent’anni prima, fece chiudere la Seventh Avenue per permettere agli amici di Johnson di gettare le sue ceneri nel fiume.
Sylvia Rivera
Anche Sylvia Rivera (a destra) aveva un carattere forte ma tormentato. Orfana cresciuta dalla nonna che disapprovava i suoi modi femminili, Sylvia fuggì e iniziò la vita di strada a soli 11 anni. Era di New York quindi le fu naturale spostarsi al Village col resto della comunità transgender dove, nella notte tra il 27 e il 28 giugno, fu una delle animatrici dei moti di Stonewall e la prima ad attaccare la polizia. In seguito fondò lo STAR, assieme a Marsha Johnson, e poi entrò nella Gay Activists Alliance.
Poche persone potevano capire il dolore e la difficoltà del percorso di transizione che i giovani transgender dovevano affrontare quanto Sylvia. Divenne un’icona del movimento per la liberazione sessuale tanto che fu invitata anche a Roma, al primo Gay Pride della storia italiana nel 2000. Alla sua morte, a soli 50 anni per un tumore, la città di New York le dedicò una strada.
«Fino a quando la mia gente non avrà i suoi diritti in America, non ci sarà niente da festeggiare»
Marsha p. johnson
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