Libri e film consigliati
- Il massacro del Circeo. Un delitto per bene di Leonardo Valenti e Fabiano Ambu, Graphic Novel, Pick Up;
- Il delitto del Circeo, una storia italiana. Il destino sociale delle vittime e degli aggressori di Sara Mascherpa, Aracne;
- I figli venuti male: Andrea Ghira e la Roma degli anni settanta di Filippo Ghira, Pubblicazione indipendente;
- Il massacro di Ferrazzano. Dalla strage del Circeo a quella di Ferrazzano: fatti e retroscena inediti di Giovanni Maiorano, Kimerik.
- La scuola cattolica, di Edoardo Albinati, BUR;
- La scuola cattolica di Stefano Mordini, Warner Bros.
Donatella Colasanti era una studentessa di 17 anni quando fu sequestrata, con l’amica diciannovenne Rosaria Lopez, da tre ragazzi della Roma bene1 e divenne vittima del Massacro del Circeo. I modi garbati ed eleganti di Giovanni Guido e Angelo Izzo, che ingannarono le ragazze, nascondevano però già dei criminali. Izzo, studente di medicina, aveva violentato due ragazzine l’anno prima, senza scontare un solo giorno di carcere.
Il Massacro del Circeo
Donatella raccontò: «Capiamo che era una trappola e scoppiamo a piangere. I due ci chiudono in bagno, aspettavano Jacques. La mattina dopo Angelo apre la porta del bagno e si accorge che il lavandino è rotto, si infuria come un pazzo e ci ammazza di botte, e ci separano: io in un bagno, Rosaria in un altro.
«Comincia l’inferno. Verso sera arriva Jacques. Jacques in realtà era Andrea Ghira, dice che ci porterà a Roma ma poi ci hanno addormentate. Prendono Rosaria e la portano in un’altra stanza, per cloroformizzarla dicono, la sento piangere e urlare, poi silenzio all’improvviso. Devono averla uccisa in quel momento.
«Mi picchiano in testa col calcio della pistola, sono mezza stordita, e allora mi legano un laccio al collo e mi trascinano per tutta casa per strozzarmi, svengo per un po’, e quando mi sveglio sento uno che mi tiene al petto con un piede e sento che dice: “Questa non vuole proprio morire”, e giù a colpirmi in testa con una spranga di ferro. Ho capito che avevo una sola via di uscita, fingermi morta, e l’ho fatto. Mi hanno messa nel portabagagli della macchina, Rosaria non c’era ancora, ma quando l’hanno portata ho sentito chiudere il cofano e uno che diceva: “Guarda come dormono bene queste due”».
Ghira e i suoi amici parcheggiarono in viale Pola per andare al ristorante, dove picchiarono un paio di comunisti incontrati per caso. Ma Donatella, con le sue ultime forze e tutto il coraggio che le era rimasto iniziò a battere sul portabagagli. Un metronotte la sentì e l’Italia scoprì la sua cattiva coscienza. Donatella ha continuato a lottare per il resto della sua vita. È morta nel 2005 dicendo: «Battiamoci per la verità».
Il maschilismo al processo del Circeo
Quando Donatella Colasanti emerse dal portabagli dei suoi aguzzini, finendo immortalata negli scatti del fotoreporter Antonio Monteforte, l’Italia scoprì la sua cattiva coscienza. Un’anima nera nascosta tra i giovani bene della capitale, divisi tra fantasie misogine e nostalgie fasciste.
Il Massacro del Circeo divenne un argomento nazionale e la vittima sopravvissuta si trovò bersagliata dalla narrativa conservatrice, patriarcale, benpensante di un paese dove lo stupro era ancora un reato contro la morale, non contro la persona.
Donatella Colasanti passò da testimone chiave a imputata nelle arringhe difensive e nei titoli di giornali che ne vivisezionarono la vita in cerca di scandali e debolezze.
«Se le ragazze fossero rimaste accanto al focolare, dove era il loro posto, se non fossero uscite di notte, se non avessero accettato di andare a casa di quei ragazzi, non sarebbe accaduto nulla»
Angelo Palmieri, avvocato di uno degli assassini
E poi: «I tre giovani non volevano uccidere la Colasanti. L’hanno colpita in testa ma non è uscito neanche un po’ di cervello».
I giornali riproposero la retorica del “se l’è cercata”: «Era una brava ragazza – dicono parenti e amici della ragazza uccisa – ma da qualche tempo era cambiata». Entrambe avrebbero «imboccato la strada sbagliata» cercando la «carriera di fotomodelle, attratte dai miraggi dei facili guadagni e della vita brillante» per uscire dalla periferia.
Parole che ricordano casi più recenti, come Genovese, Grillo, Mariottini; e titoli di giornali come: «Ubriache fradice al party, violentate», come se la colpa fosse tutta dell’alcool e di chi lo ha bevuto.
Ma nel 1976 in Italia ferveva un movimento femminista che, proprio dal Massacro del Circeo, avrebbe ricevuto un ulteriore slancio. Ogni udienza era presidiata da donne, la stessa avvocata di Donatella, Tina Lagostena Bassi, era un’agguerrita attivista per i diritti delle donne. Nonostante i pregiudizi espressi dagli avvocati e dai media, la giuria condannò all’ergastolo i tre aguzzini (uno dei quali, fuggito all’estero, in contumacia)2.
- Gianni Guido e Angelo Izzo vivevano ai Parioli e come Andrea Ghira erano rampolli della buona borghesia romana. Frequentavano gli ambienti dell’estrema destra della capitale e Angelo Izzo, chiamato “il bombardiere nero” per la sua fede fascista, aveva già stuprato due ragazze con la complicità di alcuni amici. ↩︎
- Nel 2005, Angelo Izzo, uscito dal carcere in regime di semi-libertà, ha ripetuto il massacro che aveva compiuto al Circeo, uccidendo con due complici la compagna Maria Carmela Maiorano e la figlia Valentina, 15enne. ↩︎