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Cesare e Cicerone, i giganti al crepuscolo della Repubblica

Le figure di Cicerone e Cesare si stagliano imponenti sul lungo tramonto della Repubblica. Cicerone fu più grande di Cesare nell’uso delle parole, ma Cesare fu superiore a tutti i suoi contemporanei per visione.

Unico, tra i romani, si rese conto che tre riforme erano ormai irrinunciabili per lo stato: l’aristocrazia senatoria doveva aprirsi a un continuo apporto di homines novi; Roma doveva essere protetta da sediziosi e demagoghi; il parassitismo economico di senatori, equites e plebe, che impoveriva le province, doveva essere fermato.

Cicerone ebbe, dal canto suo, il merito di intuire il mezzo per realizzare queste riforme: un governo stabile e ordinato che con la sua concordia ordinum paventò per tutta la vita. Le loro visioni furono riassunte nella vastità dell’opera di Ottaviano, l’Augusto che rifondò Roma dove Cesare e Cicerone avevano fallito a costo della propria vita.

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