La statua imbrattata del giornalista, in questi giorni di Black Lives Matter, ci riporta a una domanda scomoda sul nostro passato coloniale: perché Indro Montanelli sposò una bambina in Africa? Per la pratica, comune a molti italiani, del madamato, da “madama”, moglie indigena. Parliamo di semplici matrimoni interetnici? No.
Indro Montanelli sposò una bambina in Africa
Indro Montanelli si arruolò negli Àscari a 26 anni, in pieni anni ’30. Gli Àscari erano un reparto di forze miste, italiane e indigene, nato sul finire dell’800 come Armata Hassan, banda mercenaria di Sangiak Hassan, poi integrata nell’esercito italiano. Indro Montanelli, come molti Àscari, approfittò dell’usanza del dämòz, una forma di contratto matrimoniale del luogo, per sposarsi con una ragazzina di 12 o 14 anni che, come le altre “madame”, era usata per le faccende domestiche e il sesso. Sulla vicenda lo stesso Montanelli ebbe un confronto televisivo famoso con Elvira Banotti e raccontò la sua verità in un articolo a questo link.
Cos’era il madamato di Indro Montanelli
Ma la verità di Montanelli non illumina che un lato della vicenda, quello maschile e italiano. Bisogna premettere che all’epoca anche in Italia c’erano donne che sposavano uomini più anziani, dopo un accordo tra famiglie: la condizione della donna in epoca fascista era subalterna ovunque. Ma in Africa si aggiungeva anche il totale arbitrio del marito, che spesso trattava la madama come una concubina, ne disconosceva i figli trascurando le sue responsabilità. I bambini del madamato finivano (spesso ma non sempre) nei brefotrofi, figli di mezzo di un mondo colonialista ormai prossimo alla fine.
Il razzismo di stato abolì il madamato
Dopo la conquista della Libia Rodolfo Graziani intervenne contro questa pratica, ma furono le leggi razziali, tra il 1937 e il 1938, a prendere una posizione netta contro il madamato. L’Italia fascista proibì la “mescolanza di razze” e gettò le madame nella clandestinità cercando di sostituirle con prostitute statali e case di tolleranza. La frase stessa di Guglielmo Nasi, governatore di Harar: «Aut Imperium Aut Voluptas!» dimostra come fossero considerate le donne, quelle indigene in particolare: una fonte di piacere voluttuoso per il maschio. D’altronde se persino in Italia l’economista Ferdinando Loffredo parlava de «la indiscutibile minore intelligenza della donna», quanto poteva valere, agli occhi del fascismo, una bambina, per giunta eritrea?
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Elvira Banotti e indro montanelli
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