Oggi guardiamo con speranza alle manifestazioni per la democrazia in Bielorussia, quella stessa speranza che fu infranta, il 20 agosto del 1968, dai carri armati sovietici e del Patto di Varsavia durante la Primavera di Praga.
La Primavera di Praga e la risposta russa
Quella stagione di riforme si spense sotto gli inarrestabili cingolati russi. La Cecoslovacchia, uno dei pochi paesi in cui il comunismo era salito al potere senza l’imposizione russa, perse il suo slancio verso la democrazia.
Slancio merito di Alexander Dubcek, che voleva riportare nel paese quella libertà di stampa e di movimento che l’URSS non poteva permettere a uno stato comunista.
Tradita dalle sue stesse forze armate, la Cecoslovacchia fu travolta da uno tsunami di acciaio. Circa 6.000 veicoli corazzati e tra i 200.000 e i 600.000 soldati spinsero 300.000 persone a fuggire all’estero e molte altre a protestare in maniera non-violenta contro l’occupazione.
Jan Palach e Milan Kundera
Il 16 gennaio del 1969, lo studente Jan Palach entrò in Piazza San Venceslao, si cosparse di benzina e si diede fuoco, il 20 fu il turno dell’operaio Josef Hlavaty, il 20 febbraio dello studente diciannovenne Jan Zajíc, il 4 aprile concluse la protesta, immolandosi, l’operaio Evžen Plocek. Palach lasciò una lettera.
«Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Noi esigiamo l’abolizione della censura e la proibizione di Zpravy. Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s’infiammerà»
jan palach
L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera rese immortali quei terribili giorni. Scritto nel 1982, fu censurato in Repubblica Ceca fino al 1989 e pubblicato solo nel 2006.

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