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Jimi Hendrix suona l’inno americano “The Star-Spangled Banner”

Jimi Hendrix a Woodstock

Non c’era mai stata una critica agli USA così potente come quella che si sentì suonare sul palco di Woodstock. Jimi Hendrix vi sale, inaspettato, quel 18 agosto 1969, sono le 8 di un lunedì mattina e il concerto doveva finire il giorno prima.

Jimi non dorme da tre giorni per la tensione, ma appena prende in braccio la chitarra torna lucido. Corregge lo speaker: «Abbiamo deciso di cambiare tutto e di chiamare la band Gypsy Sun and Rainbows. Per farla breve, prendetevi un po’ come un gruppo gypsy».

Jimi Hendrix e The Star-Spangled Banner

Attacca con Message to love e gli spettatori rimasti ondeggiano sotto il palco. Due ore di concerto e poi Hendrix parte con la sua reinterpretazione dell’inno nazionale americano, The Star-Spangled Banner, intervallandolo con rumori di bombe ed esplosioni. La fotografia perfetta dell’anima degli USA che lo consegna alla storia e alla leggenda.

Con la sua chitarra, Hendrix svela la realtà dietro la retorica nazionalista americana: la morte di tanti giovani americani in Vietnam. E svela anche la natura storica degli USA, ormai un impero: una macchina che produce potenza attraverso gli ingranaggi della guerra. Quella del Vietnam finirà solo sei anni dopo. I caduti di entrambe le parti si stimeranno a milioni.

40.000 giovani sono rimasti, del mezzo milione che aveva danzato, cantato, viaggiato con la mente e fatto l’amore nei piovosi giorni di Woodstock. Mentre le note di Hendrix ancora risuonano nel vento elettrico, il più famoso concerto della storia finisce e una nuova era ha inizio.

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