Era il primo Natale in trincea. La Grande Guerra, che avremmo chiamato Prima Guerra Mondiale perché fummo così folli da farne una seconda, era iniziata quell’estate. La Germania aveva invaso il Belgio e attaccato la Francia. Le due potenze, con l’Inghilterra, si erano attestate sul fronte occidentale. Sulla terra di nessuno tra le opposte trincee aleggiava, costante, l’odore di morte. Le esplosioni e gli spari continuarono per quattro mesi. Poi arrivò la vigilia di Natale.
La Tregua di Natale del 1914
Calò la fredda oscurità della notte lungo le linee del fronte. All’improvviso brillò una luce sulle trincee di Ypres: i soldati tedeschi stavano decorando le fortificazioni e gli alberi circostanti con centinaia di candele. Poi iniziarono a cantare e, inaspettatamente, dal fronte opposto rispose un canto inglese. In poco tempo i soldati dei due eserciti cantavano un coro composto da tante lingue diverse.
All’alba la gelata smorzò l’odore di morte che aleggiava nella terra di nessuno. I primi soldati tedeschi, violando la volontà dei superiori, uscirono dalle trincee. Lo stesso fecero gli inglesi e, incontratisi nel freddo Sole di dicembre, si abbracciarono e si scambiarono piccoli doni: cibo, tabacco e alcolici. Qualcuno tirò fuori un pallone e in breve tempo i nemici giurati del giorno prima giocavano a calcio nella stessa squadra.
«Non dimenticherò quello strano e unico giorno di Natale per niente al mondo» scrisse Bruce Bairnsfather. Col procedere del giorno i canti conquistarono tutti. Sir Edward Hulse Bart raccontò che terminarono: «con un Auld Lang Syne che unì noi tutti, inglesi, scozzesi, irlandesi, prussiani, württemburghesi. Fu una cosa assolutamente incredibile, e se l’avessi vista in una pellicola cinematografica avrei giurato che fosse una messiscena!».
La storia la chiamò Tregua di Natale nonostante nessuna tregua fosse stata dichiarata. I giornali di tutto il mondo decisero di autocensurarsi finché il New York Times ruppe il silenzio e raccontò al mondo l’accaduto. Ma nel frattempo Natale era passato e già ricominciavano gli spari sul fronte occidentale.
«Solo un paio dei nostri uomini conoscevano il tedesco, ma molti tedeschi conoscevano l’inglese. Ho chiesto a uno di loro perché fosse così. “Perché molti hanno lavorato in Inghilterra!”: mi ha risposto: “Prima di tutto questo, io ero un cameriere all’Hotel Cecil. Forse ho servito il tuo tavolo! ”
“Si, Forse l’hai fatto!” ho detto, ridendo.
Mi ha raccontato che ha una ragazza a Londra e che la guerra ha interrotto i loro piani per il matrimonio. Gli ho detto: “Non preoccuparti. Vi batteremo prima di Pasqua, così potrai tornare e sposare la ragazza.” Ha riso della battuta. Poi ha chiesto se le avrei mandato una cartolina che mi avrebbe dato in seguito, e ho promesso che lo avrei fatto.
Chiaramente a loro viene mentito, eppure dopo aver incontrato questi uomini, mi chiedo quanto siano veri i nostri stessi giornali. Questi non sono i “selvaggi barbari” di cui abbiamo letto tanto. Sono uomini con case e famiglie, speranze e paure, principi e, sì, amore per il paese. In altre parole, uomini come noi. Perché siamo portati a credere diversamente?»
lettera del soldato tom alla sorella janet

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