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Il colpo di stato che ha arrestato Aung San Suu Kyi

aung san suu kyi

Come tutti gli eroi che sopravvivono alla propria impresa, anche Aung San Suu Kyi ha sofferto le ombre che, lentamente, si sono allungate sul suo operato. Ombre che hanno confermato la frase di Christopher Nolan: «o muori da eroe o vivi abbastanza per diventare il cattivo». Era stata l’altro premio Nobel Malala Yousafzai ad accusare Aung San Suu Kyi per le violenze compiute dall’esercito birmano ai danni dei Rohingya.

I militari hanno arrestato Aung San Suu Kyi

Ma quelle ombre non possono oscurare l’incrollabile coraggio della figlia del generale Aung San, dimostrato nei suoi venti anni di prigionia. Ma hanno contribuito al suo progressivo isolamento, in patria come all’estero. Canada, Gambia, Amnesty International e le altre forze che avevano sostenuto la sua battaglia l’hanno denunciata per il genocidio subìto dai Rohingya.

Oggi, infine, un nuovo colpo di stato militare l’ha destituita e arrestato lei, il presidente Win Myint e i vertici della Lega nazionale per la democrazia. L’annuncio è stato dato dalla televisione militare Myawaddy: l’esercito ha preso il controllo del Paese e tutti i poteri sono stati trasferiti al capo delle forze armate Min Aung Hlaing. La presidenza ad interim sarà invece ricoperta dal generale in congedo e vice presidente Myint Swe.

La ragione ufficiale è la “riparazione” dei “brogli elettorali” che, secondo i militari, avrebbero distorto il risultato delle elezioni di novembre. Interrotte le trasmissioni tv e chiuse tutte le banche, nel paese è stato dichiarato lo stato di emergenza per un anno. Le strade della capitale Nay Pyi Taw, dove è detenuta la leader Aung San Suu Kyi e da ieri sono interrotti i collegamenti telefonici, sono piene di militari.

«Anche sotto la minaccia della macchina statale più schiacciante, il coraggio continua a risorgere, poiché la paura non è lo stato naturale dell’uomo civile»

aung san suu kyi

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