Il Sergente William E. Thompson e il Soldato di Prima Classe Joseph Jackson, militari afroamericani del 969 Battaglione di Artiglieria, erano tra i pochi sopravvissuti della Battaglia di Bulge che supportarono l’aeronautica durante l’Assedio di Bastogne. L’ironia di questi soldati era un’ arma contro l’orrore della guerra, che nel 1945 andava verso la sua inevitabile fine.
L’Europa degli afroamericani
Ma per i soldati neri degli USA il termine della guerra non significava il ritorno alla libertà. Anzi, per tutti loro, annunciava il rientro nei ghetti e nelle campagne segregate degli USA. Solo in Europa avevano sperimentato la vera libertà. Nella stessa Germania, guidata dai bianchi suprematisti del partito Nazista, la cultura nera era molto più accettata che negli USA: «Il jazz, i nostri balli, la nostra musica, la nostra arte. I tedeschi ne sono affascinati» affermò l’Associazione Nazionale dei Veterani Neri.
Quando il capo della NAACP visitò l’Europa per investigare la condizione dei soldati afroamericani, un tedesco gli si avvicinò esclamando: «Come potete parlare del razzismo tedesco quando mantenete la segregazione tra bianchi e neri persino nell’esercito?». Una domanda che non ebbe risposta.
Gli USA si dicevano portatori della democrazia mentre, nel proprio paese, condannavano una vasta parte del popolo alla segregazione delle leggi Jim Crow. Fu proprio l’esperienza europea dei soldati neri e il loro orgoglio di veterani di guerra a dare la prima spinta al Movimento per i Diritti Civili. La segregazione nell’esercito fu abolita nel 1948 dal Presidente Truman e in Corea i soldati neri marciarono al fianco di quelli bianchi. Dieci anni dopo quella marcia sarebbe arrivata a Washington e al discorso di Martin Luther King.