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Artemisia Gentileschi si ribellò allo stupro e al matrimonio riparatore

La pittrice Artemisia Gentileschi

Artemisia Gentileschi era una pittrice diciottenne di talento quando, nel 1611, il suo insegnante la violentò e poi le propose di sposarlo. Lei si ribellò a quella violenza e nonostante lo stigma sociale portò il suo stupratore a processo. Si chiamava Agostino Tassi, un esperto di prospettiva. Collaborava con Orazio, padre di Artemisia, che lo scelse come istruttore della figlia.

L’arte oltre la violenza di Artemisia Gentileschi

Tassi approfittò della complicità della vicina di casa di Artemisia, una certa Tuzia, che la accudiva fin da bambina, per irrompere nella casa dei Gentileschi quando la sua vittima era sola. La pittrice raccontò la violenza.

«Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise un ginocchio fra le cosce ch’io non potessi serrarle et alzatomi li panni […] mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca acciò non gridassi […] et appuntendomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise dentro. E li sgraffignai il viso e li strappai li capelli».

Artemisia Gentileschi

Tassi propose alla ragazza di sposarlo. Il padre la spinse ad accettare, ma quando si scoprì che il Tassi era già coniugato, Artemisia riuscì a spuntarla con la famiglia e denunciò il suo stupratore.  Affrontò il processo ancora traumatizzata dall’abuso e dall’umiliazione pubblica, accettando di testimoniare sotto tortura e provare la sua verginità precedente allo stupro. La sentenza di colpevolezza, però, non ebbe ripercussioni su Tassi e danneggiò per sempre il nome dei Gentileschi.

Nonostante questo, Artemisia non si arrese alla vergogna. Si trasferì da Roma a Firenze dove si sposò con un pittore e fece carriera. La Gentileschi divenne così una delle artiste più importanti della sua epoca. Viaggiò molto, lavorando a Firenze, Roma, Venezia, Genova, Londra e infine Napoli. Qui morì attorno al 1656.

Con l’arte non solo esorcizzò il suo trauma passato (esempio, su tutti, il Giuditta che decapita Oloferne) ma lo trascese dando alle sue opere il respiro universale di un grande talento artistico.

Immagine da “Artemisia” di Agnès Merlet.

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