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Quando sono nati gli italiani? Con Roma o con l’Unità d’Italia?

Possiamo parlare di “italiani” prima dell’Unità d’Italia? È stata la nascita della nostra nazione a dar vita agli italiani, oppure è successo il contrario: la lunga genesi del popolo ha dato vita all’Italia? Insomma quando sono nati gli italiani? La risposta non è ovvia come può sembrare.

Quando nasce l’Italia?

Iniziamo dalla penisola: al principio il nome Italia indicava solo una parte della Calabria, terra dei Vituli o Viteli, popolazione indigena chiamata dai greci Ouitaloi, “popolo dei vitelli”, adoratori di una divinità dalla forma  di toro. Nelle leggende, naturalmente, compare un eroe eponimo, Italo, Re dell’Enotria che avrebbe dato il nome alla regione, come riporta Antioco di Siracusa (V sec. a.C.) in Sull’Italia, citato poi nella Geographia di Strabone, in Aristotele e in Dionigi. Il nome avrebbe finito per indicare tutta la penisola fino al Rubicone e, all’epoca di Cesare e di Augusto, anche la Pianura Padana. Insomma siamo gli abitanti della terra dei vitelli, bisogna starci.

Nasce l’Italia ma non gli italiani

Con Augusto nasce l’Italia come unità geografica, culturale e amministrativa, ma anche gli Italiani? No. Per l’epoca romana parliamo di Italici, esattamente come indichiamo egizi (non egiziani) gli antichi abitanti del Nilo. Gli Italici erano cittadini romani che abitavano la penisola (e le isole, dall’epoca dioclezianea), non ancora italiani ma già qualcos’altro rispetto alle loro radici etrusche, celtiche, greche, sannitiche, sabine, osce, liguri e latine. Il cammino per la cosiddetta etnogenesi era ancora lungo, ma la strada aperta.

Caio Giulio Cesare Ottaviano Augusto (63 a.C. – 14 d.C.)

Quindi gli Italiani sono nati nel 1861?

Trovare già nella prima amministrazione romana la nascita di un popolo italiano è forzato tanto quanto farla risalire solo all’Unità d’Italia, che non sarebbe stata possibile senza un’idea di nazione unitaria (per quanto, all’epoca, limitata ai circoli intellettuali delle aree urbane più importanti). Non è facile dire con precisione quando sono nati gli italiani: come spiega anche il prof. Domenico Fisichella sulla Treccani, la cosiddetta etnogenesi italiana può collocarsi già attorno al X e XI secolo, dopo un lungo periodo di assimilazione e conflitto tra le popolazioni germaniche e quelle latinofone, l’affermazione completa del cristianesimo cattolico e lo sviluppo del cosiddetto homo oeconomicus medievale. Abbiamo un regno d’Italia per i Franchi, un duca d’Italia per i Normanni, un catepano d’Italia per i bizantini: dominazioni diverse e allogene che però riconoscono una coerenza geografica e sociale alle varie parti della penisola. Sarà infine Dante, nel XIV secolo, a definire l’unicità territoriale, culturale e linguistica dell’Italia che, da allora, resterà idealmente immutata. L’Italia non fu fondata da un politico o da un conquistatore, ma da un poeta.

È giusto chiamare italiani i nostri antenati medievali?

Si e no. Dipende da cosa intendiamo: se ci riferiamo alla loro comune origine geografica o alla loro identità culturale più ampia, possiamo farlo, ma se ci riferiamo alla loro appartenenza politica e sociale meglio specificare l’area di provenienza. Così, chiameremo Cristoforo Colombo italiano, se vogliamo riferirci alla sua area geografica di origine, o genovese se intendiamo la sua cittadinanza. Facciamo lo stesso con un Socrate, che chiamiamo greco o ateniese a seconda di quale aspetto di lui vogliamo definire. Quando sono nati gli italiani? Il nostro popolo nasce e rinasce, come ogni altro, da secoli, la sua genesi non è iniziata con l’Unità d’Italia esattamente come non si è fermata lì. Procede dal Medioevo fino a oggi, evolvendosi attraverso le grandi sfide del presente e del futuro.

«Ahi serva Italia, di dolore ostello,

nave sanza nocchiere in gran tempesta,

non donna di provincie, ma bordello!

Quell’anima gentil fu così presta,

sol per lo dolce suon de la sua terra,

di fare al cittadin suo quivi festa;

e ora in te non stanno sanza guerra

li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode

di quei ch’un muro e una fossa serra».

dante alighieri, purgatorio, VI

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