La realtà dell’Isola delle Rose fu molto diversa da quella descritta nel nuovo film per Netflix di Sydney Sibilia con Elio Germano. E Giorgio Rosa, seppure idealista, non fu un simpatico neolaureato innamorato delle feste e della libertà.
Chi era Giorgio Rosa dell’Isola delle Rose
Ex membro della Repubblica Sociale, Rosa era un quarantenne che chiamava i partigiani “terroristi” e odiava Democrazia Cristiana e americani. Il suo idealismo era quello di un imprenditore che voleva dare il via a una micronazione dove stampare moneta e tagliare la burocrazia.
Nell’esperienza dell’Isola, che si riassunse in due mesi di pranzi in alto mare, non esisteva alcun legame con le contestazioni del periodo. Anzi Rosa si dimostrò sempre molto critico verso i moti del 1968. La storia della “Repubblica esperantista dell’Isola delle Rose”, come quella di altre micronazioni, è peculiare e sfugge alle generalizzazioni.
Graziano Graziani, che studia queste realtà dal 2005, le descrisse nel 2015: «Ci sono casi che nascono da una volontà comunitaria, come esperimenti sociali differenti e innovativi, e viceversa tentativi di instaurare forme di assolutismo. Ci sono anche casi riconducibili all’anarchismo di destra, o tentativi di miliardari che investono soldi per creare dei piccoli stati in cui risiedere per evitare la tassazione».
L’esperimento di Rosa fu più vicino a quest’ultimo caso. Eppure, con la sua idea di creare un’isola artificiale in acque internazionali, l’imprenditore riminese rivelò una realtà che spesso nascondiamo a noi stessi: gli stati non si fondano tanto sul diritto e sulle costituzioni che concordiamo, ma sull’esercizio istituzionale della forza. Quando, dopo 55 giorni, lo stato italiano decise di chiudere l’esperimento di Rosa, il diritto internazionale non difese l’isola da quell’esercizio unilaterale della forza che la affondò con i sogni dell’imprenditore.
Vorrei vedere il film, mi incuriosisce molto.
È un bel film, Sibilia e Germano sono molto bravi