Voi ricordate Donatella Colasanti? Ricordate la profonda oscurità del Massacro del Circeo o la clemenza di cui godettero i femminicidi? Donatella morì oggi, quindici anni fa, a soli 47 anni, per un tumore al seno. La sua vita è il riassunto delle battaglie che le donne di tutto il mondo hanno dovuto e devono ancora combattere.
Il Massacro del Circeo
Donatella era una studentessa di 17 anni quando fu sequestrata, con l’amica diciannovenne Rosaria Lopez, da tre ragazzi della Roma bene. I modi garbati ed eleganti di Giovanni Guido e Angelo Izzo, che ingannarono le ragazze, nascondevano però già dei criminali. Izzo, studente di medicina, aveva violentato due ragazzine l’anno prima, senza scontare un solo giorno di carcere.
Donatella e Rosaria accettarono l’invito a Villa Moresca sul Circeo, tenuta del terzo amico del gruppo: Andrea Ghira, inconsapevoli dell’incubo che le attendeva. Le due ragazze furono sequestrate, violentate, seviziate, massacrate e insultate per un giorno e una notte senza fine. Infine, i tre portarono Rosaria nel bagno e l’affogarono nella vasca. Donatella, invece, fu strangolata con una cinghia. Ghira e i suoi amici caricarono le ragazze nel portabagagli della macchina di Guido e tornarono a Roma. Parcheggiarono in Viale Pola per andare al ristorante, dove picchiarono un paio di comunisti incontrati per caso.
Donatella Colasanti, sopravvissuta
Ma Donatella si era finta morta. Con le sue ultime forze e tutto il coraggio che le era rimasto iniziò a battere sul portabagagli. Un metronotte la sentì e la salvò e l’Italia scoprì la sua cattiva coscienza.
Ricordate Donatella per il coraggio che dimostrò da sopravvissuta. Ricordatela per la battaglia in tribunale contro l’ipocrisia, il maschilismo e la violenza sulle donne. Ricordatela per le sue ultime parole: «Battiamoci per la verità».
Il racconto di Donatella Colasanti
«Tutto è cominciato una settimana fa, con l’incontro con un ragazzo all’uscita del cinema che diceva di chiamarsi Carlo, lo scambio dei numeri di telefono e la promessa di vederci all’indomani insieme ad altri amici. Con Carlo così, vengono Angelo e Gianni, chiacchieriamo un po’, poi si decide di fare qualcosa all’indomani, io dico che non avrei potuto, allora si fissa per lunedì. L’appuntamento è per le quattro del pomeriggio.
«Arrivano solo Angelo e Gianni, Carlo, dicono, aveva una festa alla sua villa di Lavinio, se avessimo voluto raggiungerlo… ma a Lavinio non arrivammo mai. I due a un certo punto si fermano a un bar per telefonare a Carlo, così dicono; quando Gianni ritorna in macchina dice che l’amico avrebbe gradito la nostra visita e che andassimo pure in villa che lui stava al mare. La villa era al Circeo e quel Carlo non arrivò mai. I due si svelano subito e ci chiedono di fare l’amore, rifiutiamo, insistono e ci promettono un milione ciascuna, rifiutiamo di nuovo. A questo punto Gianni tira fuori una pistola e dice: “Siamo della banda dei Marsigliesi, quindi vi conviene obbedire, quando arriverà Jacques Berenguer non avrete scampo, lui è un duro, è quello che ha rapito il gioielliere Bulgari”.
«Capiamo che era una trappola e scoppiamo a piangere. I due ci chiudono in bagno, aspettavano Jacques. La mattina dopo Angelo apre la porta del bagno e si accorge che il lavandino è rotto, si infuria come un pazzo e ci ammazza di botte, e ci separano: io in un bagno, Rosaria in un altro. Comincia l’inferno. Verso sera arriva Jacques. Jacques in realtà era Andrea Ghira, dice che ci porterà a Roma ma poi ci hanno addormentate. Ci fanno tre punture ciascuna, ma io e Rosaria siamo più sveglie di prima e allora passano ad altri sistemi. Prendono Rosaria e la portano in un’altra stanza per cloroformizzarla dicono, la sento piangere e urlare, poi silenzio all’improvviso. Devono averla uccisa in quel momento.
«Mi picchiano in testa col calcio della pistola, sono mezza stordita, e allora mi legano un laccio al collo e mi trascinano per tutta casa per strozzarmi, svengo per un po’, e quando mi sveglio sento uno che mi tiene al petto con un piede e sento che dice: “Questa non vuole proprio morire”, e giù a colpirmi in testa con una spranga di ferro. Ho capito che avevo una sola via di uscita, fingermi morta, e l’ho fatto. Mi hanno messa nel portabagagli della macchina, Rosaria non c’era ancora, ma quando l’hanno portata ho sentito chiudere il cofano e uno che diceva: “Guarda come dormono bene queste due”»
donatella colasanti
