Il 15 dicembre 2021 è morta bell hooks, pseudonimo di Gloria Jean Watkins scritto in minuscolo come rivolta all’egocentrismo autoriale e omaggio alla sua discendenza matrilineare risalente alla bisnonna Belle Blair Hooks. «Non sarei qui a scrivere,» disse la scrittrice a Maria Nadotti nel 1996, parlando di “Elogio del margine”, «se mia madre, Rosa Bell, figlia di Sarah Oldhan, nipote di Bell Hooks, non avesse creato un focolare domestico come luogo di resistenza e lotta per la libertà all’interno delle società suprematiste bianche, nonostante le contraddizioni della povertà e del sessismo».
Il femminismo di bell hooks
bell hooks è stata una voce potente per le donne nere. «Il suo lavoro,» ha scritto il Washington Post, «ridefinì il femminismo, allargando un movimento che fino ad allora si pensava avvantaggiasse perlopiù madri e mogli bianche della classe media e alta».
hooks crebbe a Hopkinsville, Kentucky, dove vigeva un sistema di apartheid reso visibile dalla ferrovia. La mattina i neri attraversavano i binari per lavorare dai bianchi finché il buio della notte li riportava nel “loro posto”. Quella discriminazione viva e presente e la figura di un padre autoritario e violento costituirono le fondamenta esperienziali del pensiero di hooks.
Razzismo e sessismo, quindi, come problemi sistemici che solo un femminismo politico può combattere.
«Non sono assolutamente interessata a un femminismo ridotto a stile di vita. Quel che mi interessa è una politica femminista, la definizione di programmi femministi per la nazione e lo stato, la trasformazione culturale. Credo sia importante tenere bene in mente che il femminismo è politica. Per scegliere la politica femminista bisogna aver fatto un’esperienza di conversione mentale, perché tutti noi siamo stati condizionati a essere sessisti. Chi ha una visione ampia e articolata del capitalismo sa bene che il problema è il sessismo, non gli uomini».
«Razzismo e sessimo sono sistemi interconnessi di dominio che si rafforzano e si sostengono a vicenda»
bell hooks