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La marcia su Roma del fascismo nel 1922

marcia su roma

Il 28 ottobre del 1922 la marcia su Roma dei fascisti rivoluzionò l’Italia. Mussolini, fedele al suo futuro motto «Armiamoci e partite (in questo caso marciate)», si era guardato bene dal partecipare in prima persona all’iniziativa degli squadristi, raggiungendoli solo in favore di fotocamera.

Il piano di Mussolini

Il Partito Nazionale Fascista era nato l’anno prima, sulle ceneri del biennio rosso, dalla repressione violenta delle insurrezioni operaie che avevano caratterizzato il primo dopoguerra e la lunga coda della Rivoluzione in Russia.

Nel 1922, Mussolini aveva raccolto abbastanza potere e consenso da lanciare i suoi squadristi all’assalto della capitale. Al principio dissimulò l’obiettivo, per conquistare sempre più posizioni nella penisola, raggiungere Roma e forzare la mano al Governo.

La marcia su Roma del fascismo

Il 27 ottobre gli squadristi entrarono in azione a Firenze, Pisa e Cremona. 25.000 camice nere iniziavano a minacciare la capitale dove, in tutta fretta, era rientrato il Re. Il Governo chiese di dichiarare lo stato d’assedio, ma Vittorio Emanuele III si rifiutò, temendo di perdere la sua presa sull’esercito, dove Mussolini godeva di grande popolarità.

«Queste decisioni spettano soltanto a me. Dopo lo stato d’assedio non c’è che la guerra civile. Ora bisogna che uno di noi due si sacrifichi. Io non firmo»

Vittorio Emanuele III, Re d’Italia

Il 28 ottobre Olivetti e altri industriali si recarono da Mussolini, ancora a Milano, per invitarlo a discutere una soluzione col governo. Ma non c’era soluzione che potesse avere ragione della forza e della violenza. Ormai le camice nere erano 70.000. Entrando a Roma trovarono qualche resistenza nel quartiere operaio di San Lorenzo. Italo Balbo e altri 500 squadristi devastarono la zona lasciando sulla strada 13 morti e 200 feriti.

Mussolini prese il treno mentre nelle stazioni si affollavano, festanti, i sostenitori del fascismo. Dopo aver ottenuto il potere dal Re e fatto sfilare gli squadristi per sei ore nella capitale, ordinò di rompere le righe e la democrazia italiana si sciolse come i ranghi dei fascisti.

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