In USA sta montando un’onda di odio razziale contro le persone di origini asiatiche. Le recenti aggressioni di San Francisco, Oakland e Brooklyn sono solo gli ultimi episodi di un razzismo cresciuto per tutto il 2020. A settembre il NYPD segnalava un aumento delle aggressioni contro gli asiatici nella prima metà dell’anno di circa il 1.900%. L’ONU ha contato 2.000 casi di incidenti razzisti ai danni degli asiatici solo tra Marzo e Maggio negli USA.
Anche il massacro di Atlanta del 18 marzo, per quanto motivato da un delirio religioso, è stato perpetrato proprio ai danni di sex worker asiatiche, con 8 morti. Molti attivisti incolpano l’ex-amministrazione Trump di aver alimentato questa rabbia, ma la storia del razzismo anti-asiatico negli USA è molto antica.
Il razzismo anti-asiatico negli USA
La prima legge anti-immigrazione su base etnica della storia americana fu proprio il Chinese Exclusion Act del tardo ‘800. All’inizio del ‘900, invece, furono i Filippini a essere vittime della discriminazione americana, nella loro stessa terra. Ma l’episodio peggiore di razzismo anti-asiatico fu l’Ordine Esecutivo 9066. Dopo Pearl Harbor, nel 1942, il Presidente Franklyn Delano Roosevelt internò tutti i “sospetti nemici”.
110.000 giapponesi, il 62% dei quali erano cittadini americani, furono strappati dalle loro case e deportati in campi di concentramento. Nel 1944, Fred Korematsu denunciò questo ordine come incostituzionale ma la Corte Suprema gli diede torto. Solo quarant’anni dopo, i Presidenti Ford, Carter e Reagan riaprirono la questione facendo ammenda per l’ordine di Roosevelt e garantendo ai sopravvissuti un risarcimento di 20mila dollari.
Il Congresso e la Casa Bianca firmarono un documento dove affermavano che le decisioni del Governo nel 1942 si erano basate su “pregiudizi razziali, isteria e mancanza di leadership politica”. Emozioni che hanno dominato anche l’ultimo anno della società americana.
