Nel 1991 gli israeliani vennero a reclamare il terreno della famiglia palestinese Nassar, definendolo “senza proprietario”. Una strategia che in molti altri casi ha funzionato, ma non in questo caso. Daoud racconta: «Quando i giudici videro le carte che attestavano la proprietà della terra, furono scioccati». Il nonno di Daoud l’aveva acquistata legalmente nel 1916. «E non potendo procedere all’esproprio della terra per vie legali, gli israeliani iniziarono con altri tipi di pressione perché ce ne andassimo».
Un palestinese contro il governo israeliano
Una pressione che sfocia in problemi all’apparenza insormontabili. Ma non per Daoud. Quando gli tolgono l’elettricità, lui installa i pannelli foltovoltaici. Quando gli tolgono l’acqua, lui crea un sistema di raccolta e riciclaggio della pioggia. Quando gli tolgono il carburante, lui impara a produrre il compost. Quando sradicano i suoi alberi, lui li ripianta. E quando la speranza cede, Daoud e la sua famiglia la alimentano con nuovi progetti: campi estivi per i bambini di Betlemme, seminari per le donne senza istruzione, campi di volontariato internazionale.
Gli israeliani erano disposti a pagare qualsiasi cifra per comprare l’ultima collina della zona rimasta in mano a una famiglia palestinese. Lui rifiutò.
«La nostra terra è la nostra madre. E la nostra madre non è in vendita».
Daoud Nassar
«Io ho scelto di non adeguarmi. Rifiuto l’odio e la violenza, sono cristiano e non vedo nell’altro un nemico, ma un essere umano esattamente come me. Allo stesso tempo credo che noi palestinesi non dobbiamo rimanere bloccati nel vittimismo, ma dobbiamo proporre un’altra visione, una visione alternativa con la quale aprirci agli altri, confrontarci, discutere e resistere. In modo pacifico, ma con coraggio. Non biasimo chi è partito ma io preferisco rimanere qui, nella mia terra».
Oggi nella fattoria dei Nassar vivono quindici persone. «Qui viene gente da tutto il mondo, a partire da molti palestinesi e israeliani. Quando due si trovano di fronte possono iniziare a vedersi come esseri umani».
Una opinione su "Daoud, il palestinese che non si arrende alla violenza e all’odio"