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La storia di David Dushman, l’ultimo liberatore di Auschwitz

David Dushman ad Auschwitz

David Dushman, morto il 4 giugno del 2021 a 98 anni, era l’ultimo liberatore di Auschwitz sopravvissuto. Aveva solo 21 anni quando, sul suo carrarmato T-34 dell’Armata Rossa, il 27 gennaio del 1945 era penetrato oltre i recinti e i cancelli del temuto campo di sterminio nazista, liberando i pochi sopravvissuti.

A quell’età e nonostante l’esperienza bellica, non aveva compreso cosa stesse realmente vedendo.

«Montagne di cadaveri, persone mezze morte di fame, una sofferenza senza fine. Ma in un certo senso non sapevo cosa fosse Auschwitz. L’ho capito davvero solo dopo la guerra»

David Dushman

Il liberatore di Auschwitz

David Dushman, che si era distinto anche nella terribile Battaglia di Stalingrado e in quella di Kursk, fu uno dei 69 membri, su 12mila, della sua divisione a sopravvivere alla guerra, nonostante le molte gravi ferite. Per questo fu decorato più volte, eppure mai per aver liberato Auschwitz con i suoi compagni.

Dopo la guerra si dedicò alla scherma e fu, per quarant’anni, l’allenatore della squadra olimpica femminile. Proprio in questa veste si trovò, da ebreo russo e veterano, nuovamente di fronte al massacro del suo popolo. Era presente, infatti, a Monaco nel 1972 quando un commando terrorista palestinese di Al-Fatah assaltò il villaggio olimpico e provocò la morte di 11 atleti israeliani.

Per tutta la vita David Dushman ha portato la sua testimonianza nelle scuole, raccontando le esperienze incredibili del secolo che aveva attraversato. La storia di Dushman è legata a doppio filo agli ebrei di Germania. Per il suo ruolo nella liberazione di Auschwitz e per la sua presenza a Monaco fu nominato membro onorario della comunità israelitica tedesca.

Tre anni fa, a 95 anni, fu l’allora presidente di quella comunità, Charlotte Knobloch, a rendergli omaggio.

«Basta per almeno tre vite quel che lei ha dovuto soffrire nel corpo e nell’anima ma anche ciò che è riuscito a conquistare di straordinario e i successi fuori dal comune che ha potuto celebrare»

Charlotte Knobloch

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