La partigiana Lepa Radić aveva solo diciassette anni quando fu catturata e giustiziata dai nazisti dopo aver rifiutato qualsiasi tipo di accordo. Una vita spezzata troppo presto, la sua, eppure vissuta intensamente tra passione politica e coraggio.
Lepa Radić nacque il 19 dicembre 1925 a Bosanska Gradiška, un paese dell’odierna Bosnia Erzegovina. Appassionata di letteratura, fin da giovanissima si avvicinò allo zio, Vladeta Radić, membro del movimento operaio, che divenne la figura centrale della sua crescita. Entrò, prima, nella Lega della Gioventù Comunista di Jugoslavia (SKOJ), e poi nel Partito Comunista a soli 15 anni.
Una decisione dovuta anche ai tragici eventi di quell’anno, il 1941, quando le potenze dell’Asse invasero la terra natale di Lepa e instaurarono il regime dello Stato Indipendente di Croazia. Con la creazione di questo fantoccio politico, iniziò anche la violenta repressione nazifascista. A novembre, sette mesi dopo l’occupazione, la famiglia Radić venne arrestata dall’organizzazione fascista croata degli Ustascia. Solo con l’aiuto di alcuni partigiani sotto copertura, Lepa e la sorella Dara riuscirono a fuggire dal carcere poco prima di Natale.
La partigiana Lepa Radić
A quel punto, la quindicenne Radić decise di arruolarsi nella resistenza jugoslava, entrando nella 7ª compagnia, 2° Distacco Krajiski. Combattè per due anni, mentre la Seconda Guerra Mondiale infuriava in tutti i continenti e le forze nazifasciste venivano progressivamente sconfitte. A febbraio del 1943, nella battaglia di Neretva tra partigiani jugoslavi e forze fasciste, la giovanissima Lepa si occupò del trasporto dei feriti al rifugio di Grmech.
Ma, durante uno scontro con la 7. SS-Freiwilligen-Gebirgs-Division “Prinz Eugen”, Lepa Radić cadde prigioniera. Fu portata a Bosanska Krupa, il paese dove aveva studiato da bambina. Imprigionata e torturata per diversi giorni, non cedette mai. Alla fine i nazisti la condannarono a morte e la portarono sul patibolo.
Mentre le legavano il cappio al collo, i tedeschi le offrirono la grazia se avesse dato i nomi dei leader e dei membri del Partito Comunista. Lepa rifiutò: «Non sono una traditrice del mio popolo. Coloro di cui mi chiedete, si riveleranno quando riusciranno a spazzare via tutti voi malfattori, fino all’ultimo uomo». Poi, dopo aver inneggiato al PC, gridò: «Combattete, gente, per la vostra libertà! Non arrendetevi ai malfattori! Sarò uccisa, ma c’è chi mi vendicherà!».
Lepa morì, impiccata, a soli 17 anni. Ma le sue parole furono profetiche. Poco tempo dopo i suoi compagni attaccarono i nazisti e, dopo la battaglia, rovistando tra i corpi dei nemici, trovarono la foto che i tedeschi avevano fatto prima di giustiziarla.
Grazie a quella testimonianza, Lepa Radic divenne un’eroina nazionale e ricevette l’Ordine dell’Eroe popolare il 20 dicembre 1951.
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