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Arnaldo Harzarich, il vigile del fuoco che scoprì l’orrore delle foibe

Arnaldo Harzarich e le foibe

Arnaldo Harzarich aveva quarant’anni quando scoprì i corpi degli italiani uccisi nelle foibe. Era metà ottobre del 1943, subito dopo la prima invasione titina nella regione, quando il Comandante dei Vigili del Fuoco Gaetano Vagnati incaricò il Maresciallo di Terza Classe Harzarich di visitare alcune foibe in cui si sapeva o supponeva fossero state gettate centinaia di persone, portate via dai titini e mai ritornate a casa.

La scoperta delle foibe

Con la sua squadra Arnaldo Harzarich iniziò a scandagliare foiba dopo foiba per due anni, dall’ottobre del 1943 al febbraio del 1945. Descrisse quel lungo lavoro in una relazione alle forze alleate nel giugno del 1945 che la accolsero come attendibile per: «documentare le atrocità degli Slavi verso gli Italiani dell’Istria».

Harzarich e la sua squadra, da soli, recuperarono un quarto di tutte le vittime della prima ondata titina. Centinaia di infoibati e decine di assassinati nelle cave di bauxite e nei pozzi, tra i quali anche Norma Cossetto. Fu impossibile recuperare tutti i corpi a causa dei crepacci o dello stato di decomposizione dei corpi. Per aiutare i parenti delle vittime a riconoscerne i corpi fu necessario riportare in superficie almeno gli effetti personali o qualche brandello di tessuto dei vestiti.

Il maresciallo descrisse cosa trovò a Vines.

«Le vittime hanno i polsi fissati da filo di ferro… sempre stretto (fino a spezzare il polso) con pinza o tenaglia. Molte salme sono accoppiate mediante legatura, sempre da filo di ferro, nei due avambracci. Da notare che dei due disgraziati sempre soltanto uno presenta segni di colpi d’arma da fuoco. Il che fa supporre che il colpito si sia trascinato dietro il compagno ancora vivo. Alcune salme colpite da arma da fuoco con penetrazione di proiettili schiacciati nelle pareti della foiba fanno pensare che i partigiani jugoslavi, appostati sugli orli della foiba, si divertissero a sparare coi mitra, dietro ai precipitati».

Maresciallo Arnaldo Harzarich

Il peso della scoperta

Il lavoro di Harzarich lo mise in pericolo di vita, come lui stesso raccontò.

«Più e più volte, al mio passaggio, dopo aver esplorato delle foibe, nel rientrare a Pola fui bersagliato del rosario dei colpi di mitra sparati dai partigiani slavi che cercavano con tutti i mezzi di ostacolare l’esplorazione ed il recupero delle salme (…). Una volta tornai a casa con la macchina crivellata di proiettili di mitra, ben 22 colpi, centrato sulla 1100 che guidavo verso le due di notte».

Maresciallo Arnaldo Harzarich

Ma Harzarich continuò il suo lavoro. Condannato a morte da un tribunale del popolo titino, fu posta una taglia di 50mila lire sulla sua testa. Arnaldo Harzarich terminò la sua vita nel 1973 da esule, braccato dagli attentatori e privato della divisa.

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