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Quando il giornalismo americano svelò i Pentagon Papers

Il Post e i Pentagon Papers

Cinquant’anni fa il giornalismo americano svelava le menzogne che la Casa Bianca aveva raccontato sul Vietnam. Una lunga battaglia giudiziaria e, soprattutto, etica, tra Washington Post, New York Times e amministrazione Nixon per la pubblicazione del rapporto noto come Pentagon Papers. Uno scontro mirabilmente riassunto nel film “The Post” di Steven Spielberg, con Meryl Streep e Tom Hanks.

I Pentagon Papers

Il rapporto di 7mila pagine, raccontava come quattro diverse amministrazioni, da quella Truman a quella Johnson, avessero mentito all’opinione pubblica americana sulle loro vere intenzioni in Vietnam. Nel 1964, ad esempio, Lyndon Johnson aveva affermato di non volere estendere il conflitto, mentre ampliava le operazioni belliche nel sud est asiatico, in Cambogia e nel Laos. Numerose le operazioni segrete emerse nel rapporto così come gli omicidi di massa commessi nell’area in 23 anni di atrocità.

L’amministrazione Nixon spinse i giudici a far bloccare le pubblicazioni del NYT. Fu allora che il Washington Post, ricevuti i documenti dall’autore del rapporto, Ellsberg, decise di pubblicare tutto. A prendere quella decisione fu Katharine Graham del Post, la prima donna editrice di un grande quotidiano americano, affiancata dal suo redattore capo Benjamin Bradlee. Il Post rifiutò di tacere, come avrebbe fatto nuovamente pochi anni dopo, con il caso Watergate.

La Corte Suprema diede loro ragione:

«La stampa serve i governati, non i governanti. Soltanto una stampa libera e senza limitazioni può svelare efficacemente l’inganno nel governo. E di primaria importanza tra le responsabilità di una stampa libera è il dovere di impedire a qualsiasi parte del governo di ingannare le persone e di inviarle all’estero in terre lontane, a morire di febbri straniere e sotto le bombe ed il tiro nemico».

Hugo Black

Quattro anni dopo, la caduta di Saigon e il ritiro finale delle forze americane avrebbe segnato la fine della Guerra in Vietnam. Nixon, che aveva firmato gli accordi di pace di Parigi, si era dimesso per lo scandalo Watergate l’anno prima.

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