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Ruby Bridges che sfidò il razzismo per andare a scuola

Ruby Bridges esce dalla scuola

Per un intero anno la piccola Ruby Bridges dovette essere scortata a scuola da ben quattro U.S. Marshals per proteggerla dalla folla inferocita di genitori bianchi. Ruby aveva sei anni nel 1960 quando, con altri cinque bambini afroamericani del programma di integrazione scolastica, riuscì a superare il test d’accesso per le scuole elementari dei bianchi. Due di loro rinunciarono a far valere questo diritto, spaventati dall’odio razzista dei loro concittadini di New Orleans e altri tre andarono a McDonogh. Ruby allora rimase sola, con un padre dubbioso se mandarla nella nuova scuola e una madre determinata a offrirle le stesse occasioni dei suoi coetanei wasp.

Ruby Bridges e la sua battaglia per la scuola

Nel momento in cui la piccola Ruby fu ammessa alla scuola elementare William Frantz, tutti i genitori dei suoi compagni ritirarono i figli e gli insegnanti si rifiutarono di lavorare. Tutti, tranne una: Barbara Henry, originaria di Boston. Per un anno, Ruby si trovò da sola con la maestra che faceva lezione come se la classe fosse piena. Fuori dall’istituto la folla di genitori assediava l’istituto ogni giorno, gridando insulti e minacciando di morte la piccola Ruby.

Per questo gli agenti federali accompagnavano Bridges ogni giorno a scuola e poi a casa. Inizialmente inconsapevole dell’odio che stava sfidando semplicemente andando a scuola.

«Salendo ho potuto vedere la folla, ma vivendo a New Orleans, in realtà ho pensato che fosse Mardi Gras. C’era una grande folla di persone al di fuori della scuola. Stavano lanciando cose e gridando, e questo tipo di cose succede a New Orleans al Mardi Gras».

Ruby Bridges

L’odio e il supporto per i Bridges

Ma poi capì. Ogni mattina, infatti, una donna la minacciava di avvelenarla e i Marshals, inviati dal Presidente Eisenhower, le permettevano di mangiare solo il cibo che portava da casa. L’odio che la circondava era tangibile. Come la solitudine. Ma Ruby «​​ha dimostrato molto coraggio» raccontò Charles Burks, capo dei Marshals. «Non ha mai pianto. Ha marciato come un piccolo soldato, siamo tutti molto orgogliosi di lei». Per questo, lo psichiatra infantile Robert Coles si offrì volontariamente di aiutarla durante quel primo, terribile anno.

La famiglia Bridges, però, pagò caro il prezzo del coraggio di Ruby. Il padre perse il lavoro, il negozio di alimentari si rifiutò di rifornirli di cibo, la terra dei nonni mezzadri fu espropriata. Ma ci fu anche il sostegno di tanti: oltre alle famiglie bianche che decisero di rompere il boicottaggio e mandare i propri figli a scuola con Ruby, un vicino di casa diede lavoro al padre e molti abitanti del posto iniziarono a proteggere la casa dei Bridges, marciando dietro la macchina dei Marshals ogni mattina. Anche i vestiti che la bambina indossava erano una donazione di un parente del suo psichiatra, Coles.

Oggi Ruby Bridges è a capo di una fondazione che porta il suo nome e combatte ancora per i diritti degli afroamericani.

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