Quando la guerra interruppe a Napoli l’ultimo zoo umano della storia italiana, queste esposizioni che mostravano gli indigeni in gabbia esistevano da quasi cento anni.
Cos’era uno zoo umano?
Presi alle loro case, spesso schiavizzati, portati in un altro continente, rinchiusi in gabbie ed esposti per la popolazione europea: questo fu il destino delle vittime degli “zoo umani”, luoghi di celebrazione del colonialismo occidentale.
La storia degli zoo umani è un misto di crudeltà, razzismo, abilismo e morbosità sociale. I primi tipi di esposizione umana risalgono ai serragli privati di uomini di potere come il cardinale Ippolito de’ Medici o Montezuma, oppure ai freak show come il Circo Barnum. Ma l’epoca del colonialismo, coi suoi “ospiti” da Africa, Asia, Australia e Americhe, li renderà popolari in tutto il mondo.
Dal 1870 ci furono zoo umani in Francia, Belgio, Spagna, Italia, Germania, Polonia e Stati Uniti. Li chiamavano “esposizioni etnologiche” e il loro scopo era mostrare la superiorità della civiltà europea e “il fardello dell’uomo bianco” (come avrebbe scritto Kipling) a estendere questa civiltà anche ai popoli considerati inferiori.
Come i pigmei di Ota Benga, nella foto in copertina, anche lui schiavizzato e poi esposto allo zoo del Bronx nel 1906. Il direttore lo rinchiuse in una gabbia con una scimmia e un pappagallo e lo chiamò: “l’anello mancante”. Fu il reverendo James H. Gordon, sovrintendente dell’Howard Colored Orphan Asylum di Brooklyn, a protestare e infine a ottenere la liberazione di Benga. Impossibilitato a tornare in Africa a causa della guerra, Ota Benga si suicidò nel 1916.
L’ultimo zoo umano in Italia
Queste mostre disumane furono un successo per quasi un secolo: accoglievano fino a 300mila persone e rassicuravano gli occidentali del loro ruolo di conquistatori. In Italia ci furono zoo umani a Torino, Milano, Roma, Genova e Napoli. L’ultimo, organizzato dal regime fascista alla Triennale di Napoli, per celebrare le colonie d’Oltremare, fu interrotto dalla guerra.
I 60 etiopi ed eritrei esposti in quei finti villaggi furono internati nelle Marche dove Mario Depangher e la sua banda di partigiani internazionali, la Banda Mario, li liberò. Molti, allora, decisero di unirsi alla Resistenza per combattere quei fascisti che li avevano deportati e trattati come trofei.
«Riteniamo che la nostra ‘razza’ sia stata sufficientemente sottomessa anche senza la necessità di esporre in pubblico con le scimmie uno di noi».
Reverendo James H. Gordon
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- Umanità in mostra. Esposizioni etniche e invenzioni esotiche in Italia (1880-1940) di Guido Abbattista, Edizioni Università di Trieste
- Uomini nelle gabbie. Dagli zoo umani delle Expo al razzismo della vacanza etnica di Viviano Domenici, Il Saggiatore
- Selvaggi da esposizione di Matteo Giuli, Not
- Fino agli anni Cinquanta sono esistiti gli “zoo umani”, Il Post
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