A Livia Bianchi fu offerta la libertà ma preferì la morte con i suoi compagni partigiani alla libertà. Rimasta vedova molto giovane, nel 1942 Livia Bianchi si trasferì con il figlio dal natio Polesine al Piemonte, dove iniziò a lavorare come bracciante e venne a contatto per la prima volta con la Resistenza.
Dopo l’armistizio divenne una militante con il nome di Franca facendo la staffetta, la dattilografa e raccogliendo cibo per i compagni.
Durante un rastrellamento fascista, Livia e altri partigiani trovarono rifugio a Cima, in Lombardia. Il suo gruppo venne, però, denunciato da un delatore e i fascisti, il 20 gennaio 1943, circondarono la casa dove si nascondeva. Il combattimento tra le due parti durò tutta la notte ma i partigiani si arresero perché terminarono le munizioni.
I partigiani fatti prigionieri, vennero condotti a un muro nei pressi di un cimitero locale e prima della fucilazione venne offerta a Livia la possibilità di rinnegare i compagni e salvarsi. La donna rifiutò e morì insieme agli altri.
Nel 1947 le è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valore Militare.
Libri consigliati
- La Resistenza delle donne di Benedetta Tobagi, Einaudi;
- Io partigiana. La mia resistenza di Lidia Menapace, Manni Editore;
- L’Agnese va a morire di Renata Viganò, Einaudi;
- Diario partigiano di Ada Gobetti, Einaudi.
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