La vittoria di Joe Biden non sarebbe stata possibile senza Stacey Abrams. Parliamo solo di un’abile stratega politica? No, parliamo di una donna che, da sola, ha raddrizzato un torto vecchio di secoli.
Il diritto dei voto ai neri
Un torto esploso nei ’60, durante la presidenza Johnson, combattuto con le marce da John Lewis e Martin Luther King Jr: il diritto di voto negato ai neri del sud. Agli afroamericani veniva impedito di registrarsi al voto grazie a leggi speciali: poteva votare solo chi sapeva leggere o chi indovinava il numero di fagioli in un barattolo. E se qualcuno ci riusciva, veniva linciato.
Alla fine Washington intervenne: proibì agli stati con un passato schiavista di varare leggi elettorali senza la supervisione federale. Questo controllo durò fino al 2013 quando la Corte Suprema, in ragione di una situazione ormai cambiata con l’elezione di un presidente nero, lo abolì.
Dalla purga a Joe Biden
Ma la Corte si era illusa. Iniziò la “purga”: approfittando del normale aggiornamento delle liste elettorali, gli stati del sud vararono regolamenti che cancellarono 17 milioni di elettori. Soprattutto afroamericani. In Georgia, il segretario di stato John Kemp epurò più di un milione di elettori.
Stacey Abrams viveva in Georgia e decise di combattere questa ingiustizia. Fondò nel 2010 il New Georgia Project, iniziativa che coinvolse in politica proprio le vittime della purga: giovani, donne e afroamericani. Nel 2018 si candidò come governatore della Georgia proprio contro Kemp. Il suo avversario, però, sfruttò un’ulteriore purga per batterla di misura.
Dopo quell’ennesima ingiustizia, Stacey si chiuse in casa per dieci giorni. Ma aver conteso il trono repubblicano in Georgia dimostrò che l’NGP funzionava. Stacey vide arrivare grandi investimenti: in due anni il Progetto si trasformò nel Fair Fight Action. Raddrizzare quel torto antico cambiò il destino di Stacey Abrams, della Georgia, degli USA e del mondo.
«Dobbiamo smettere di contribuire alla nostra stessa oppressione»
stacey abrams